sanita'

I

Liberi e Uguali: contributi programmatici per il diritto alla salute


DIFESA RILANCIO e RINNOVAMENTO
DEL SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE
UN PROGRAMMA PER IL DIRITTO ALLA SALUTE

"La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività mediante il servizio sanitario nazionale. La tutela della salute fisica e psichica deve avvenire nel rispetto della dignità e della libertà della persona umana. Il servizio sanitario nazionale è costituito dal complesso delle funzioni, delle strutture, dei servizi e delle attività destinati alla promozione, al mantenimento ed al recupero della salute fisica e psichica di tutta la popolazione senza distinzione di condizioni individuali o sociali e secondo modalità che assicurino l'eguaglianza dei cittadini nei confronti del servizio. L'attuazione del servizio sanitario nazionale compete allo Stato, alle Regioni e agli Enti locali territoriali, garantendo la partecipazione dei cittadini."

Se questo è il testo del primo articolo della legge 833/78 che ha istituito il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) bisogna dire che negli ultimi anni il SSN sta venendo progressivamente meno alla sua fondamentale missione: il diritto alla salute non è garantito, la popolazione è sempre meno tutelata di fronte alla malattia, mentre crescono le disuguaglianze tra i cittadini nell'accesso ai servizi. Le falle del sistema sono sempre più numerose ed evidenti, tra cui in particolare:

  • le lunghe liste d'attesa provocate anche dalla scarsità di offerta pubblica e le procedure sempre più complicate per l'accesso alle attività specialistiche e diagnostiche;
  • gli alti livelli di compartecipazione alla spesa (ticket), che li rendono di fatto una forma di tassazione sulla salute, la più iniqua perché colpisce i malati;
  • la rinuncia a ogni intervento di prevenzione nei confronti dei fattori di rischio che favoriscono la diffusione delle malattie croniche;
  • le dimissioni ospedaliere affrettate, non programmate né coordinate, che - oltre a non rispettare la salute e spesso la dignità del paziente - scaricano sulle famiglie la successiva organizzazione delle cure;
  • le famiglie, che si trovano a far fronte non solo a eventi improvvisi e imprevisti che le trovano il più delle volte impreparate, ma che sono anche diventate gli attori quasi esclusivi - con l'eventuale aiuto delle badanti - dell'assistenza domiciliare agli anziani non autosufficienti e ai disabili.

È sempre più chiaro che il perimetro d'intervento del settore pubblico si sta riducendo di pari passo con la riduzione delle risorse disponibili, concentrandosi progressivamente sulle attività di pronto soccorso e su quelle ad alta intensità assistenziale ospedaliera. In Italia il sistema sanitario - per ammissione della Ragioneria dello Stato - è stato uno dei settori pubblici maggiormente colpiti dalle politiche di austerità. La contrazione del finanziamento del SSN è stata particolarmente selettiva e ha penalizzato principalmente il personale, attraverso il blocco del turnover e dei contratti dei dipendenti, la dilatazione del lavoro precario e l'esternalizzazione dei servizi. Di tutto ciò hanno sofferto - e soffrono sempre di più - la qualità e la pronta disponibilità dei servizi per i cittadini, con due principali conseguenze:

  1. il ricorso sempre più frequente al settore privato in diretta e facile competizione col settore pubblico, sia sui tempi di attesa che sulle tariffe delle prestazioni;
  2. la rinuncia a curarsi per milioni di cittadini a causa delle troppo lunghe liste di attesa, dei costi eccessivi, della distanza dal luogo di cura. Una rinuncia che ha colpito maggiormente, ma non solo, i gruppi più poveri della popolazione e le Regioni meridionali.

Tutto ciò sta avendo riflessi importanti sulla salute dei cittadini. Se è vero che gli italiani sono tra i popoli più longevi, questa longevità è sempre più avara di anni in buona salute. Secondo dati del 2015, in peggioramento rispetto al 2006, a 65 anni la speranza di vita in buona salute è di 7,8 anni per gli uomini e 7,5 per le donne, a fronte di una media europea di 9,4 anni per entrambi i sessi.

Il SSN sta cambiando natura e qualcuno si chiede se il cambiamento strisciante in atto sia classificabile come una transizione o piuttosto una sua deriva, cioè se chi è al timone stia governando il cambiamento con un obiettivo definito o stia fermo in una posizione di mera presa d'atto dell'evoluzione spontaneamente in corso. Quale che sia la risposta (transizione o deriva), intorno a questa fase di cambiamento c'è una straordinaria e inedita convergenza d'interessi: dal mondo delle imprese sanitarie private con fini di lucro a quello del cosiddetto terzo settore (un tempo senza fini di lucro, ma con la nuova legge in procinto di cambiare pelle), da gruppi della cooperazione al settore assicurativo. Tutti accomunati da un'idea: come fare affari sull'inefficienza del servizio sanitario pubblico spingendo sui processi di privatizzazione favoriti dal Governo centrale e dalle Regioni.

Il mercato assicurativo di per sé non è un male e - entro certi limiti - è compatibile con un Servizio Sanitario Nazionale. Il problema nasce quando questo mercato sfrutta a proprio vantaggio l'inefficienza del SSN e scommette sul suo fallimento, su una sua presunta ineluttabile insostenibilità, preparando con ciò un cambiamento radicale di sistema. Perciò sono motivo di preoccupazione lo sviluppo e la progressiva estensione di forme di assicurazione aziendale, cosiddette integrative, che hanno invece sempre più carattere sostitutivo rispetto alle prestazioni del SSN, inserite nei contratti di lavoro e incentivate da rilevanti facilitazioni fiscali. La strategia delle imprese assicuratrici è ora facilitata dall'utilizzo dei dati sanitari sensibili raccolti direttamente o indirettamente. È in atto un marketing aggressivo e mirato che ovviamente tende ad offrire le proprie tutele ai cittadini con più alto reddito garantito.

Noi ci opponiamo fermamente a questo disegno che ha come inevitabile conseguenza quella di creare un doppio binario assistenziale, ben noto in gran parte dei sistemi sanitari sudamericani: quello erogato dal sistema privato tramite il mercato assicurativo, per chi se lo può permettere, e quello fornito da un servizio pubblico impoverito, inefficiente e residuale per il resto della popolazione.

È tempo che la salute torni ad essere una priorità e bisogna ergersi con forza in difesa del SSN e della sua originaria vocazione universalistica, umiliata dalle scelte governative degli ultimi anni. Per questo è necessario lavorare sulle tre dimensioni della crisi attuale: i valori, sanciti dalla Costituzione e dalla Legge istitutiva del SSN, a partire dal rispetto della dignità della persona umana, sia essa bisognosa di assistenza o lavoratore della sanità pubblica, il finanziamento col corretto uso delle risorse e il funzionamento orientato al miglioramento della salute individuale e collettiva.

  • Vogliamo che si ponga fine alla sottrazione di fondi messa in atto dagli ultimi governi che ha ridotto allo stremo il SSN. I tagli operati negli anni 2011-2016 al finanziamento pubblico, anziché contenere le inefficienze, hanno ridotto le risorse disponibili al di sotto dei livelli necessari a garantire servizi adeguati in tutte le Regioni, in un contesto di costi crescenti dovuti all'invecchiamento della popolazione e alla disponibilità di nuove cure. Ciò ha inciso sull'universalismo e l'equità di accesso, aumentando la spesa privata e le disuguaglianze fra i cittadini a scapito dei meno abbienti e dei più fragili. È indispensabile tornare a investire nella salute e nell'assistenza sanitaria, allineando progressivamente la spesa sanitaria pubblica italiana alla media dei paesi dell'Europa occidentale, con una decisa inversione di tendenza che garantisca al servizio sanitario pubblico tutte le risorse umane, strutturali e tecnologiche necessarie al suo adeguato e appropriato funzionamento. Come primo passo bisogna prevedere un graduale aumento del fondo sanitario nazionale di almeno 10 miliardi in tre anni, aggiornando i criteri di riparto fra le Regioni con l'introduzione, oltre al numero degli abitanti e al peso della popolazione anziana, anche di indicatori basati sulla deprivazione sociale e la prevalenza delle malattie e della disabilità, rivedendo le norme sui Piani di rientro e individuando una specifica strategia per il superamento del divario Nord-Sud.
  • Vogliamo l'abolizione dell'odiosa tassa sulla malattia quale è diventato il ticket, restituendo ad esso la funzione originaria di deterrenza dagli sprechi, attraverso un modesto contributo sulle prescrizioni farmaceutiche.
  • Vogliamo il massimo contenimento della partecipazione economica da parte dei cittadini alle rette dei servizi residenziali e semiresidenziali e ad altri oneri accessori legati trasporto dei malati e all'accompagnamento dei disabili.
  • Vogliamo una revisione dei livelli essenziali di assistenza per garantire prestazioni oggi non coperte, come la psicoterapia, la fisioterapia e l'odontoiatria, almeno in rapporto al reddito.
  • Vogliamo l'abolizione dei vantaggi fiscali connessi alla sottoscrizione di polizze assicurative sanitarie e alla partecipazione a fondi sanitari aziendali che agiscono in sostituzione e in competizione rispetto al SSN, in quanto riducono la contribuzione degli assicurati al fondo sanitario nazionale e contrastano con elementari doveri di solidarietà sociale, aumentando le disuguaglianze e minando in prospettiva le basi di un servizio sanitario pubblico, equo e universalistico.
  • Vogliamo che, insieme ad un adeguamento dei livelli stipendiali e condizioni di lavoro nei servizi sanitari, si attui un controllo e una revisione delle attività dei sanitari svolte in libera professione, anche come contributo alla riduzione delle liste d'attesa

Tuttavia, fornire al servizio pubblico le risorse indispensabili per il suo funzionamento è condizione necessaria per salvare il SSN, ma non è sufficiente, perché l'attuale offerta dei servizi, e la loro organizzazione, non solo non è adeguata, ma anzi è decisamente deficitaria, rispetto ai bisogni reali della popolazione, ridisegnati negli ultimi decenni dai mutamenti culturali e dalla transizione epidemiologica: aumento della longevità e degli anni trascorsi in cattiva salute; aumento della popolazione affetta da malattie croniche; bisogni sanitari dei migranti, frammentazione della rete familiare multigenerazionale; crescita di nuovi tipi di convivenza e di esigenze legate al riconoscimento delle differenze di genere; aumento della povertà che porta soprattutto la popolazione fragile a rinunciare alle cure o a ricorrere ad alternative improprie. Di fronte a questo quadro in continuo movimento, l'attuale organizzazione rigidamente strutturata in senso aziendalistico non permette l'integrazione dei vari tipi di assistenza sanitaria e sociale. La mancata programmazione, che sarebbe possibile grazie alla massa di dati e d'informazioni, genera processi di ristrutturazione finalizzati solo al contenimento della spesa. Molte risorse sono sprecate per trattamenti non necessari o per remunerazioni che non corrispondono a servizi adeguati in qualità e quantità. La gestione di molti servizi è stata esternalizzata senza una valutazione dei costi e dei benefici. I rapporti contrattuali con i privati per beni e per servizi sono definiti da criteri di accreditamento non aggiornati. I sistemi di pagamento a prestazione, oltre a essere basati su classificazioni superate, inducono alla produzione di prestazioni inutili e impediscono l'integrazione e la continuità delle cure. Ogni flusso economico del SSN deve essere orientato e messo in relazione a risultati di salute e alla rimozione degli ostacoli all'accesso alle cure.

Oggi le malattie croniche assorbono l'80% dell'assistenza e delle prestazioni del SSN. Ma si tratta di prestazioni in larga parte tardive, inappropriate, inefficaci e per questo anche inutilmente costose, perché basate su interventi specialistici e ospedalieri quasi mai integrati con l'intervento sociale. Prevale un modello di cura tipico delle malattie acute, basato sull'attesa che si manifesti un episodio grave su cui intervenire. È necessario un grande cambio culturale, prima ancora che organizzativo, che introduca un approccio basato sulla prevenzione, la sanità d'iniziativa, la personalizzazione della cura nel rispetto delle differenze.

Questo significa anzitutto prevenzione primaria, per intervenire affinché le persone non si ammalino agendo sui fattori di rischio legati all'ambiente di lavoro e di vita e sui principali fattori di rischio comportamentali delle malattie croniche: inquinamento, fumo, obesità, sedentarietà, questi ultimi legati a scelte individuali fortemente condizionate dal contesto sociale e dalla condizione socio-economica. Così le malattie croniche sono diventate lo specchio delle diseguaglianze sociali: di malattie croniche si ammalano di più - e ne muoiono più precocemente - le fasce più svantaggiate della popolazione. Per questo il più efficace intervento di prevenzione delle malattie croniche è quello di ridurre le diseguaglianze socio-economiche, lottare per la giustizia sociale e la tutela dell'ambiente.

La sanità d'iniziativa e la personalizzazione della cura richiedono la radicale riorganizzazione e il potenziamento delle cure primarie e dei servizi territoriali, le cui principali caratteristiche devono essere le seguenti: a) inclusione sociale con particolare attenzione alla disabilità, alla salute mentale e alle dipendenze; b) organizzazione delle cure primarie basata su gruppi di lavoro multidisciplinari, per garantire un'assistenza proattiva e personalizzata, all'interno di Case della salute, integrata coi servizi sociali, riconoscendo un ruolo attivo ai comuni; c) centralità della persona, per aiutare tutte e tutti a gestire le proprie condizioni e di salute e malattia, contrastando la violenza domestica che colpisce soprattutto le donne, riconoscendo il diritto a decidere sul proprio corpo attraverso un approccio che valorizzi le differenze di genere, con particolare riguardo all'autodeterminazione sulle scelte di fine vita, le scelte riproduttive, la sessualità, la contraccezione, la genitorialità responsabile, la fecondazione medicalmente assistita, la gravidanza, il parto e l'interruzione volontaria della gravidanza. In tutti questi campi l'esercizio del diritto di scelta non deve essere limitato dall'obiezione di coscienza del personale sanitario, che va regolamentata in modo da non costituire un ostacolo.

Nel contesto di questo cambiamento organizzativo e culturale, reso possibile dall'aumento delle risorse, proponiamo alcuni progetti strategici:

  • Un Piano di rafforzamento strutturale del personale dipendente, con l'assunzione del personale necessario per garantire effettivamente in tutto il Paese i Livelli essenziali di assistenza, in particolare i servizi territoriali, riducendo contestualmente il ricorso a lavoro precario, collaborazioni esterne ed esternalizzazioni. Il rafforzamento del personale non potrà prescindere da un intervento su formazione e aggiornamento professionale, per garantire soprattutto alle nuove generazioni una preparazione adeguata alle esigenze di una sanità rinnovata.
  • Un Piano pluriennale di investimenti pubblici, con almeno 5 miliardi di euro nei primi 3 anni, per l'ammodernamento strutturale e tecnologico della sanità pubblica, per la messa in sicurezza delle strutture non obsolete e il superamento di quelle obsolete, evitando complessi e costosi progetti di finanza privata. Il Piano dovrà essere realizzato sulla base di linee guida in grado di assicurare che tutti gli aspetti rilevanti ai fini della progettazione e della completa realizzazione degli interventi siano stati considerati, adottando un processo di valutazione e criteri decisionali trasparenti e verificabili.
  • Un Piano di azione per la salute mentale, per la riqualificazione dei luoghi e degli ambienti in cui sono accolte le persone e in cui operano i professionisti (compresi quelli degli istituti penitenziari), l'aggiornamento professionale - inclusa la formazione sul campo - e il potenziamento del personale dei Dipartimenti di salute mentale.
  • Una nuova politica del farmaco, attraverso la promozione dell'uso dei farmaci generici, che attualmente coprono solo il 19% delle prescrizioni; la definizione di una strategia per i farmaci innovativi, che contrasti la tendenza dell'industria farmaceutica a ricavare il massimo profitto a danno dei pazienti; l'uso degli strumenti consentiti dalla normativa sui brevetti, inclusa la licenza obbligatoria, evitando che l'introduzione di nuovi farmaci rappresenti un fattore di insostenibilità del sistema sanitario e permettendone l'accessibilità a costi ragionevoli; la revisione delle modalità di funzionamento dell'Agenzia Italiana del Farmaco e dei meccanismi di governo della spesa, il potenziamento della ricerca indipendente e la creazione di un'azienda pubblica per la produzione e commercializzazione dei farmaci.
  • Un Piano pluriennale per la non autosufficienza e la fragilità, anche a partire da alcune esperienze regionali a favore delle persone in condizioni di maggior bisogno, prevedendo una reale integrazione con le politiche sociali, per la presa in carico delle persone preferibilmente al loro domicilio.
  • L'inserimento dell'obiettivo salute in tutte le politiche, con il potenziamento dei servizi di prevenzione e tutela ambientale, superando l'attuale separazione tra gli stessi.

Riteniamo che il disegno complessivo del rinnovamento del SSN che noi presentiamo e l'insieme delle proposte strategiche che lo accompagnano siano in grado in grado di produrre un effetto significativo non solo sul benessere della popolazione, ma anche sull'occupazione in modo diffuso su tutto il Paese.

Gennaio 2018

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